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per le fanciulle. 187

altro da fare che rivolgere loro un caro saluto che equivalga ad un ringraziamento per la loro opera umile ma costante, pel lavoro assiduo e senza ricompensa che hanno compiuto; un saluto che equivalga ad un: Arrivederci per nuovi trionfi!

Perchè i trionfi ci sono stati ed il relativo bottino; sono premii guadagnati nel cotillon, sono sciarpe di garza leggiera, un braccialetto di argento bruciato, due o tre piccole bomboniere, una farfalla dalle ali splendide di verdemare, una ricca decorazione di cui egli, diplomatico dell’avvenire, si spogliò volenteroso per deporla nelle tue mani, come vi deporrà quelle sul serio, un brano di merletto strappato allegramente, un nastro di color fuoco, ed in ultimo i cuori innamorati di quattro o cinque giovanotti biondi o bruni. Sono tutte cose belle, care, giovani, ridenti, liete, gioconde; sono echi risuonanti di risa, sono ricordi lievi di sguardi saettanti, sono brividi che si rinnovellano come se ne ripresenta la rimembranza. La sola rimembranza: perchè siamo in quaresima, cara.

Qui ti vorrei fare la solita predica del mercoledì fatale. Vorrei dirti che bisogna smorzare il lampo degli occhi, non sorridere che raramente ed anche con una certa gravità, chiudere l’abito sino al collo, abbassare le maniche sino ai polsi, nascondere la nuda pompa dei capelli, fare la penitenza, cioè, farla fare ai tuoi ammiratori; qui c’incastrerebbe benissimo l’idea della cenere e del sacco se non fosse molto vecchia e molto detta; farebbe bella figura da sè il paradiso che si deve conquistare per tornarlo a perdere nel carnevale dell’anno venturo;