rete,
mentre il venticello le solleva i capelli — è l’immagine del fresco che
ti doveva procurare. Ma pur troppo, da tempo immemorabile le donne
hanno preso il vezzo di far servire gli oggetti a mille scopi cui non
sono destinati; da tempo immemorabile il ventaglio non serve a dar
fresco. Serve piuttosto a nascondere il fulgore dei begli occhi,
quando questi diventano troppo splendidi per coloro che li guardano; a
nascondere il sorrisetto della bocca maliziosa, quando un’amica è
troppo, troppo mal vestita; a nascondere il fremito delle mani nervose
che vorrebbero spezzare qualche cosa; a nascondere un rossore..... che
si ostina a non venire; per chiamare chi è lontano, per respingere chi
si affretta troppo, per salutare, per parlare a bassa voce. Credi tu
che il tuo ventaglio abbia eseguito queste manovre? Allora è tempo di
dargli un po’ di riposo: mettilo accanto al libro di raso azzurro e
profumato ove chiudi i tuoi fazzolettini. Sono nuvolette di battista,
leggiere, fine, ricamate, smerlate, con la iniziale del nome e la
corona marchionale; queste cosette così sottili che piegate
passerebbero in un anello, stettero fra un bottone e l’altro
dell’abito, in una piega della gonna, in un angolo perduto della
veste, perchè la moda ha abolito le tasche per le donne, riserbandole
solo agli uomini, come è di regola; questi fazzolettini asciugarono
lievemente le labbra dal gelato, dallo champagne e dallo zucchero
candito di un marron glacé. Ne andò perduto uno, nevvero? Lo hai
forse dimenticato? Non ne sai nulla e sorridi? Ho paura che ti burli
di me; fammi leggere i tuoi engagements.