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184 | dal vero. |
come erano belli, come erano superbi nella loro umiltà, come raddoppiavano la forza dei loro profumi? E fra tutti, quei mughetti di quella famosa sera, come andarono a finire? È vero che dal loro posto naturale che era l’inquadratura del tuo corsage, passarono a fare una fine oscura ed ignorata in un portafoglino di cuoio, fra un biglietto di visita stemmato ed una cartina da venti franchi? Non mi rispondi? Preferisci chiudere le scatola, Lulù?
Ecco qui la fascia d’oro così lucida, così sfolgorante, che sembra un diadema reale; mandavi su un po’ di fiato per appannarla, poi strofinala leggermente col fazzolettino di battista e riponila nel suo cassetto circolare di velluto grigio. Non prima però di aver inviato un sorriso a quella notte in cui ridesti tanto, in cui quindici cavalieri con un seguito di cretinismo perfetto, ti s’inchinarono esclamando: Con quel bandeau, una vera regina! E venti altri col solito inchino, ti dissero: Con quel cerchio una bellissima Adalgisa! Come era bello e stupido il ballerino del lancier, come ballava bene, quante sciocchezze diceva! E le fandonie di quel pallido e scarmigliato poeta, afflizione della società sofferente, dove le metti? Ebbe il coraggio di dire in versi troppo lunghi o troppo brevi, che le perle della tua collana erano lagrime di fanciulla tradita; mentre tu gli rispondevi in ottima prosa, che te le aveva donate la tua vecchia matrina, una contessa, vedova di tre mariti.
Dispiega per un momento e richiudi il tuo ventaglio dei balli: un ventaglio leggiero come una farfalla, roseo e velato di oro, dove in un angolo una ninfa in leggieri abiti bianchi si culla in una