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178 | dal vero. |
può forse riuscire indifferente, quell’angolo lì, nella sua umiltà e brevità, fa sempre una impressione: lascia un sorriso sulle labbra o una oscurità negli occhi. È l’estratto dello Stato Civile.
Sì, voi lo leggete assiduamente, o pallide zitellone dalle labbra sottili, provando un amaro piacere a dilatare la ferita nascosta del vostro cuore; ci è della gente che crede ancora alla vecchia istituzione del matrimonio e che intanto dimentica voi, che vi credereste tanto volentieri: voi volete sapere il nome e l’età di questa gente. Quando è molta, ci è il compenso che è di bassa qualità e potete fare un moto di sprezzo; quando è poca, avete la consolazione di dar la stura ai vostri commenti: qui è una coppia che potrebbe esser felice, diciotto e ventidue anni: sono troppo giovani per aver testa! Altrove la sposa si chiama Leonilda, nome capriccioso, sarà certo una civetta: compiangiamo il marito, poveretto! Questo qui è medico, professione che non corre più con le capsule Guyot ed il ferro dializzato Bravais: la moglie soffrirà gli stenti. — Guarda, guarda, la tale è giunta finalmente a gabbarne uno; sa il cielo con quali mezzi! E come, ha fatto scrivere solo trent’anni! Ma se ha avuto sempre cinque anni più di me, che ne ho..... ventotto! E chi sarà lo sposo? Povero imbecille, avrà la vita tribolata, è degno di compassione. Dopo un’oretta di insinuazioni più o meno benigne, di restrizioni mentali, di sottintesi poco caritatevoli e di riflessioni più o meno filosofiche, voi, vecchie zitelle, vi confortate nel pensiero che tutti i coniugati sono e saranno sempre infelici e che per nulla al mondo voi vorreste rinunziare alla vostra pace.