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14 | dal vero. |
a lasciare entrare la gioia del popolo; nell’autunno è un sospiro, un addio al bel tempo che parte!
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La canzone popolare non si definisce, essa si sottrae all’arida spiegazione della scienza; è una cosa vaga, fuggevole, senza contorni determinati, evanescente. È tutto ed è nulla; è un soffio leggiero e può diventare una leva potente; brilla di tutti i colori dell’iride, si crede che sia una perla ed è una bolla di sapone; donde viene non si sa, dove va non si conosce; può morire, ma può anche risuscitare; ha una fragile esistenza e la si vede resistere all’urto degli avvenimenti ed al trascorrere degli anni. In essa si ritrova lo spirito multiforme del popolo; è gaia, vivace, dal ritornello allegro, dalle battute affrettate e rapide; è malinconica, dalle note lunghe e cadenzate con un pensiero mesto che ricompare ogni tanto; talvolta è burlesca, vi si sente lo scoppiettio del sarcasmo ed il fischio dell’ironia — ed infine, con una profonda ed inconsciente filosofia unisce spesso parole dolenti ad un motivo brillante. È un lamento, una risata, un sogghigno, un bacio; l’espressione di un momento, la durevole rappresentazione di un sentimento rapidissimo; è una idea complessa ed energica che ha bisogno di svolgersi con la parola e con la musica. Senza sapere la prima bocca che l’ha intuonata, la canzone si propaga in un momento, diventa la proprietà del popolo, e se