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156 | dal vero. |
salire, sfolgorare, essere il solo, l’individuo: Everardo. Con lui la passione energica, onnipossente; un amore che sia l’amore unico, che domini tutto, che vinca ogni ostacolo, che consoli ogni sconfitta, che ingrandisca ogni vittoria. L’oscuro poeta adorava la nobile fanciulla che discendeva dalla sua altezza a bearlo del suo affetto; ed ella era conscia, superba di questo amore cieco, animato dalla più fiera gelosia. Quando Flavia era al ballo, sapeva che nella strada buia e solitaria vi era un uomo che fremeva d’impazienza, che invidiava anche l’ultimo servo di quella casa inondata di luce. E nelle sale dorate, fra gli ondeggiamenti delle stoffe ed i sorrisi delle donne, essa era presa da una folle idea: avrebbe voluto lasciar tutto, fuggire per le scale, gettarglisi al collo e dirgli: Ti amo; portami via.
Quando pensava alla vita stentata e meschina di Everardo, alla piccola e bassa camera dove l’inverno si moriva di freddo, alle privazioni continue cui andava soggetto, a tutti quei particolari spaventosi della miseria, provava per quel giovane una grande ammirazione, perchè in mezzo a quell’ambiente egli rimaneva poeta, pieno di fede, carezzando sempre le sue speranze, sognando ancora il suo caro ideale. Flavia si sentiva molto umiliata davanti a quel coraggio, essa che non poteva rinunziare al fastoso e vuoto lusso, ai giojelli inutili, alle mode costose: come le odiava tutte queste cose, come le odiava! Avrebbe voluto rinunciarci, castigare il suo corpo che viveva in quelle mollezze, esporsi al freddo, alla fame, e portare anche lei nel cuore quel tesoro di forza e di gioventù. Sposare il poeta, essere la vita