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un intervento. 111

letto; Guido si gettò sopra una poltrona del salotto e finse di leggere un giornale. In verità la sentiva andare e venire a passi lenti, la vide anche passare due o tre volte:

— Vi stancate? — le chiese. — Potrei aiutarvi.

— No, grazie; a momenti finisco.

Infatti, poco dopo venne anche essa a sedersi con un’aria molto stanca; quella giornata l’aveva esaurita. Si guardava dattorno come per ritrovare qualche cosa dimenticata.

— Piove meno, mi pare? — disse a Guido che aveva lasciato andare il giornale.

— Piove sempre.

— La carrozza non è ancora pronta?

— Non so, vado a vedere.

La carrozza sarebbe pronta fra dieci minuti.

— Desiderate che vi accompagni?

— Non importa, grazie.

Parvero un secolo od un istante quei dieci minuti? L’uno e l’altro forse.

Quando entrò il servo a dire che tutto era all’ordine, Emma si alzò con un fare deliberato e andò a mettersi il cappello davanti allo specchio; ci volle un po’ di tempo ad annodarne i nastri perchè le dita avevano un lieve tremito. Poi, lentamente, infilò i guanti, li appuntò, aggiustò alcune pieghe dell’abito; e si avanzò verso Guido per salutarlo. Egli si era levato, pallidissimo.

— Addio — disse ella.

Guido non rispose; essa voltò le spalle e traversò il salotto, diritta, fiera, senza barcollare, con un