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un intervento. | 101 |
avevano commesso mille stranezze: Guido era corso dietro ad Emma da Firenze sino a Napoli, aveva passati tre mesi sotto le sue finestre; Emma gli scriveva ogni giorno una lettera di otto foglietti e stava tutta la notte sul balcone. Il padre di lei, un po’ di buona voglia, un po’ per forza, finì per consentire come consentono tutti i papà di questo mondo. In fondo, in fondo, egli era una bravissima persona ed aveva tergiversato perchè gli doleva di allontanarsi dalla figliuola: pure, temendo di vedersela ammalare, disse di sì. I due sposi, schiettamente felici, si adorarono per tre anni di seguito. Non dico che mancassero fra loro le questioncelle, le gelosie, sovratutto da parte di Emma. Essa possedeva un carattere estremo, orgoglioso, irruente; non sapeva amare o odiare a mezzo: invece Guido le si opponeva con quella tinta di freddezza, con quel sorrisetto menomatore ed ironico dei caratteri medii. A volta si urtavano vivamente, ma la pace dopo sembrava più bella.
Un giorno, non so come, Guido ritrovò un’antica fiamma; si rividero, ricordarono, ci corse un biglietto ed un convegno. Guido vi si lasciò trascinare più per debolezza che per un trasporto; più di tutto si vergognava della figura di collegiale. Come lo seppe Emma? Fu un servo imprudente, un’amica zelante, una lettera smarrita? Non si sa, ma fu per certo una prova sicura e lampante: perchè tutto l’amore cieco ed ardente che sentiva per suo marito, le si convertì in un freddo disprezzo. Non trovò per lui una scusa, si sentiva ferita a morte nel suo affetto e nel suo orgoglio di donna felice. Fece venire suo