Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
all’erta, sentinella! | 47 |
— Abbastanza, commendatore. Tutto sembra meno difficile, quando si fa con devozione.
— Restate qui volentieri, dunque?
— Finchè mi ci lasciano — mormorò lui, un po’ vagamente.
— Credo che la vostra signora non ci stia egualmente bene — osservò il Colonna.
— È vero, poverina — rispose Gigli, con una tenerezza di voce — è un po’ gracile di salute, un po’ fantastica e l’ambiente, capite, sul principio, le era insopportabile.
— Adesso si è abituata?
— Un poco, mi pare. Certo mi è impossibile modificare un carattere naturalmente malinconico; ora mi sembra più triste, ma si è rassegnata, poveretta. È un cuore pieno di bontà.
— Bisognerebbe forse mandarla a Napoli — soggiunse l’ispettore, senza rispondere a quelle parole che rivelavano una emozione.
— I miei mezzi non lo permettono — disse brevemente il capitano Gigli. Tacquero. Erano giunti a una piazzetta dove stava sorgendo un nuovo edificio, fabbricato dai galeotti stessi. Essi andavano, venivano portando secchi di calce, curvandosi sotto le pietre, salendo vivamente le scale.
— Lavorano volontieri? — disse il Colonna.
— Non tutti. Ne ho una cinquantina, i più indomiti, i più pericolosi, a cui mi è stato impossibile di far lavorare.