il riposo estremo alle ossa che hanno spogliato la loro carne. Il camposanto dei galeotti non aveva neppure l’opera di un galeotto ortolano, i cadaveri erano messi giù in fretta, fra quattro assi disgiunte, e nessuno ci veniva a lavorare, a pregare: i morti venivano fuori, quasi che un ultimo, acre desiderio di libertà fosse rimasto in quelle ossa di forzati. E a Cecilia, insieme alla pietà più straziata, un’orribile visione apparve in quella solitudine, la visione di sè, di suo marito, del suo bimbo, morti, seppelliti in quel campo che parea maledetto da Dio, e dagli uomini, seppelliti senza pietà e senza cure, fra la selvaggia vegetazione, in quella terra battuta dal sole e dal vento, la visione di tre cadaveri abbandonati, che risorgevano, portando le loro ossa alla luce fra quelle dei ladri e degli assassini. E un altissimo grido di dolore, di paura le si formò nel petto, ma non uscì, strozzato: ed ella cadde giù, di piombo, lungo il muretto, col viso fra l’erba.
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Quando si riscosse e aprì gli occhi, fra il gran silenzio udì solamente un fruscìo. Il suo bambino era sempre disteso nella sua carrozzetta, ma aveva aperto gli occhi e sorrideva, dagli occhi e dalle labbra sorrideva a quel galeotto grande, alto, dai capelli rossi e dal volto bianco, che sdraiato per terra, gli agitava sul volto, per fargli fresco, per cacciarne le mosche, una larga foglia di vite. Come