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all’erta, sentinella! | 43 |
erano state piantate a caso, dove forse non esisteva più il corpo che dovevano coprire della loro piccola ombra sacra.
Ma Cecilia guardava ancora, come se un ignoto presentimento di dolore, di terrore le dicesse che ancora altro doveva vedere. Ebbene, aguzzando gli occhi, ella vide, vide precisamente, fra il giallore del terreno e il verde dell’erba, biancheggiare, come pezzo di avorio, qualche osso umano. Mal seppelliti, mal coperti di terra, nelle loro casse disgiunte, per il movimento naturale del terreno che germoglia, per il movimento terribile della decomposizione, quei morti uscivano di nuovo sulla terra e le bianche ossa dei morti scintillavano al sole. Il camposanto dei galeotti non aveva becchini. Accanto alla fioritura odorosa della menta selvaggia, fra le rose larghe, a petali cadenti, delle quattro stagioni, germogliavano quegli strani sterpi umani; nè pietosa vanga li ridonava alla terra, se ne vedevano qua e là, un po’ dappertutto, così prepotenti che parevano aver bucata la terra di violenza, così soverchianti che l’occhio spaurito temeva quasi vedersi disegnare e sorgere dalla terra l’intiero scheletro. Cecilia guardava, con gli occhi sbarrati, questa orrenda vegetazione dei morti, questo castigo del mondo che punisce anche dopo la morte, che non concede al cadavere dell’assassino neppure la pietà della tomba profonda, neppure la cura che si ha di qualunque altro cadavere, neppure