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34 | all’erta, sentinella! |
ribile compagnia, il paese e la casa, il suo amore di sposa e il suo amore materno.
Ma quel giorno, proprio, ella era piena di rimorso più di ogni altra volta: innanzi a suo marito era stata sconoscente, quasi rinfacciandogli il suo beneficio. Egli le aveva parlato senza severità, ma seriamente. Quanto era migliore di lei! Le sue rare lacrime brucianti, lacrime di pentimento, avevano bagnato il collo del picciolino, e lui abituato a questi sfoghi solinghi di madre, egli stesso bimbo gracile e melanconico, andava ripetendo sottovoce, carezzandole il viso con le piccole mani fresche:
— Non piangere, mammà; non piangere, mammà.
— No, non piango, — diss’ella, asciugandosi gli occhi, levandosi su. — Ora la mamma sua conduce Mario a passeggiare.
— In carrozza, mamma, in carrozza, — gridò il bimbo attaccandosi alle gonnelle di Cecilia.
— Sì, figlio, in carrozza — rispose ella, reprimendo un sospiro.
Poichè era una grossolana carrozzetta da bimbo, fatta rozzamente da quei galeotti—falegnami e fabbri—ferrai più ferro che legno, stridente, con le catene che essi portavano attaccate alla caviglia del piede e alla cintura, una carrozzetta che era pesante e difficile a spingere e che ogni momento si guastava. Quando era lì dentro, il picciolo Mario era così felice, che non avrebbe mai voluto levar-