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28 | all’erta, sentinella! |
Con una spazzola si spazzolava il soprabito: era l’ora di andare in ufficio. Il bimbo, macchinalmente, lo seguiva. Egli si accostò alla moglie per abbracciarla ed ella gli disse, precipitosamente:
— Fa pure venire Gennaro Campanile; fallo venire subito, per la scansia.
— No, no, se ti dispiace, cara — disse lui carezzandola come una fanciulla.
— Non mi dispiace, ti assicuro che non mi dispiace — soggiunse Cecilia, facendo un grave sforzo su sè stessa.
— Lascia stare, lascia.
— Uscirò, uscirò col bimbo per l’isola, e solo Grazietta lo vedrà.
— Bene, bene disse lui andandosene.
Ma quando il buon marito affettuoso se ne fu andato al suo penoso dovere, a vivere di nuovo, egli onesto e puro, fra quei ladri e quei micidiali, ella piegò il capo su quello del suo piccolo figlio, bagnando il collo del bimbo col suo pianto. Raro pianto: poche e brucianti lagrime. Quella vita di sposa, di madre, in quell’ambiente singolare, dove la solitudine profonda si alternava colla compagnia folta dei malvagi, ella l’aveva cominciata assai coraggiosamente. Infine, era una povera ragazza, senza parenti e senza dote, che viveva lavorando in casa di una vecchia zia, guadagnando assai scarsamente il proprio pane; e il capitano Gigli l’aveva sposata così, per lei, per affetto pietoso,