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o giovannino o la morte | 355 |
Chiarina fremeva ogni tanto, come se udisse delle cose insopportabili, ma poi la mente le si confondeva e non udiva più, sentendo il rumor vago delle parole sentendo come un dolore senza puntura, un dolor sordo ma continuo. Una sera, per spiegare meglio a Giovannino certe cose, donna Gabriella andò a prendere di là, i registri dell’agenzia. I fidanzati rimasero soli:
— Perchè fai questo, Giovannino, perchè lo fai? — domandò affannosamente la ragazza, tutta smarrita.
— Tutto è buono a sapersi — disse lui, quietamente, buttando la sigaretta. Ella non replicò. Egli aveva su di lei un potere assoluto, lo adorava come un Dio, ma come un Dio che la poteva egualmente far piangere e far ridere. Soffriva per lui, ma non replicava, obbediente, domata. Tutta la sera, piegati sui grossi libri sudici, donna Gabriella e Giovannino stettero a studiare il crudele ingranaggio per cui l’impegnatore è sempre perfettamente al sicuro del suo capitale, per cui esige un interesse realmente crudele, e finisce per confiscare un oggetto che ha il triplo del valore del capitale esposto: il crudele ingranaggio per cui è quasi sempre impossibile che colui che ha impegnato un oggetto, lo ricuperi mai.
— Ottanta volte sopra cento, a conti fatti, l’oggetto resta a noi — finì trionfalmente donna Gabriella, richiudendo il suo grosso e sudicio libro.