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o giovannino o la morte | 353 |
nino se avesse cercato, se avesse fatto delle pratiche. Egli le rispondeva, vagamente, di un posto nelle ferrovie, ma bisognava avere delle protezioni presso il direttore generale; di un concorso nella illuminazione della città, come impiegato d’ordine, roba municipale, ma bisognava conoscere il sindaco e l’assessore del ramo. Vagamente, ella s’appagava per poco, ma poi intendeva che egli non cercava sul serio, che le diceva delle parole così per consolarla e ingannarla. E insisteva, insisteva, con un certo affanno, fino a che egli si stringeva nelle spalle, come infastidito. Invece, ora, egli parlava spesso di affari con la matrigna di Chiarina: dapprima gliene aveva domandato con cautela, come se si trattasse di cose estranee ed essa gli aveva risposto incertamente. Ma poi, a poco a poco, ella aveva cominciato a precisare chiaramente le sue cose e parlargli di quanto ha attinenza con l’oscuro e tetro mondo delle agenzie. Chiarina ascoltava, sorpresa: talvolta guardava Giovannino spaurita, quasi che volesse accertarsi esser proprio lui, non un altro, che discorreva di quelle tetre cose.
— L’ufficio, — diceva donna Gabriella, quando voleva nominare l’agenzia.
— L’ufficio, — ripeteva Giovannino, quando voleva nominare l’agenzia, con aria di misteriosa compunzione.
Non osavano ancora darle il suo duro nome.