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o giovannino o la morte 343


Era Giovannino che passava a quell’ora, per andare a passare un po’ del suo tempo al caffè di porta San Gennaro, dove era fama un tempo che si facessero i migliori gelati napoletani, e dove accorreva una folla di borghesi, impiegati e piccoli possidenti, preti e cabalisti del lotto. Giovannino fischiava, per farsi udire: e il fischio amorosamente significava:

— Sono qui, ti amo, non ti scordare!— Chiarina restava con l’animo sospeso.

— Dove andrà, ora? — chiedeva dopo un certo tempo, la matrigna.

— Al caffè, — rispondeva la fanciulla, quietamente.

— A spender denari, — borbottava donna Gabriella.

Chiarina la guardava in faccia, ma senza dirle nulla. Alla fanciulla restava intiera tutta la sua antica fierezza: e non le diceva che Giovannino non sarebbe andato a spendere denari al caffè, se essa, la matrigna, avesse permesso che venisse su più spesso, la sera; non glielo diceva, perchè sarebbe parso un pregarla di qualche cosa, la matrigna, ed ella, proprio, non voleva pregarla di niente. Certo la gran riconoscenza delle ore felici che passavano sul suo giovane capo aveva domato nel cuore di Chiarina la collera fervidamente giovanile che ella avea contro la matrigna: ma il ricordo delle pene di suo padre, il ricordo delle sue