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326 | o giovannino o la morte |
— Sai che ho detto, oggi, ancora una volta, a mia matrigna? — esclamò lei, subitamente eccitata. — Le ho detto la centesima volta: o Giovannino, o la morte. Donna Gabriella non può udire questa parola e mi ha schiaffeggiata.
— Ti ha fatto male? — chiese lui, sottovoce, impallidendo.
— Un poco, ma non importa — rispose lei orgogliosamente.
— Povera Clara, povera Clara! — disse lui, come parlando fra sè.
— Perchè mi compatisci? Non mi compatire — esclamò lei, in preda a un po’ di esaltazione. Tacquero. Una grande freschezza saliva dal pozzo aperto su cui le loro teste giovanili si affacciavano, e un gran silenzio, sempre, li circondava. Chiarina si ergeva sopra un mucchio di funi bagnate, quasi per accostarsi all’innamorato. Due o tre sorelle del professore erano apparse dietro i cristalli, avevano sorriso vedendo la giovine coppia ed erano sparite, discretamente. Uno studente fumava la pipa, crollando il capo, come se dicesse che queste cose lui le capiva e indulgeva ad esse.
— Questa vita non può durare — disse a un tratto il bel Giovannino.
— Non può durare — fece come un’eco Chiarina.
— E che fare?
— Potremo fuggire insieme — disse la ragazza.