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come fare per confessare il loro peccato, per riparare il male fatto. Infine… dopo aver molto pianto, molto pregato, esse, sapendo che fra due giorni avrebbero dovuto lasciare la casa e il giardino a Francesco Sorgente, si erano decise a mandare a lui la cartella, esigesse il denaro con l’interesse di un mese, che scadeva giusto in quei giorno, e mandasse loro qualche soldo per venire a stare un paio di giorni a Napoli: con duemila settecento lire avrebbero combinato qualche cosa. Pure, desolate del peccato commesso, per averlo così ingannato, gli chiedevano perdono, in ginocchio, a lui, il giusto, il buono che non conosceva nè inganno, nè bugia.

E così, anche Alessandro de Peruta, in quel giorno fatale di febbraio, andò girando per Napoli, livido, morsicandosi le labbra per reprimere i singulti, andando dalla banca Costa alla questura, dalla questura al procuratore del re, e al tribunale di Commercio, e poi di nuovo alla banca Costa, trascinandosi a piedi come inebetito dal dolore. Ahi, che il destino era stato più forte di lui! Povero, infermo, senza mai una lira disponibile, con una famiglia povera quanto lui, egli malgrado i suoi vaghi presentimenti, si era creduto al sicuro dalla disgrazia delle banche; e aveva tremato per altri, il poveretto!

Più forte, più forte il destino, che accecava quelle le sante donne di sua madre e di sua so-