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trenta per cento | 301 |
nel tumulto dell’ora trista, i più cattivi risentimenti, i più cattivi istinti si palesavano, nudamente, crudamente: e i sacri vincoli del sangue si allentavano, i nodi più indissolubili avevano il colpo fatale che li doveva per sempre spezzare. In vari posti, chiamate dai gridi soffocati, accorsero le guardie notturne, quando già brillavano le rivoltelle e i coltelli: nè in qualcuno di questi posti fu impedito di sparger sangue. Notte d’inverno, lunga, piena di pianto, piena di disperazione, o pure tetra nel silenzio di un inconsolabile dolore. Alla mattina si seppe che erano accaduti quattro suicidii; che erano avvenute molte risse e cinque o sei ferimenti; coi treni della sera, con quelli dell’altra, una quantità di gente era partita fuggendo innanzi alla rovina, fuggendo innanzi al disonore, espatriando, abbandonando casa e famiglie. E già si mormoravano le cifre della fallita, qualcosa di curioso, il modo come salivano queste cifre, ora in ora, con un crescendo spaventoso. Dieci milioni, dodici, quindici; e infine la cifra precisa. Venti milioni la banca Ruffo-Scilla, dieci milioni la banca Costa, quattro milioni e mezzo le altre piccole banche, in tutto una fallita di trentaquattro milioni e mezzo.
Colui che non aveva avuto la forza nè di uccidersi nè di fuggire, era il povero Alessandro de Peruta, il gramo e infermo professore. La mattina del 12 febbraio, alle otto, prima che uscisse di casa pel solito giro delle sue lezioni, egli aveva ricevuta una