quelli che colpiti da una mortale debolezza, non potevano, non potevano rientrare nella loro famiglia. I piccoli alberghi oscuri di Porto, di Pendino, accanto alla ferrovia, ricoverarono una quantità di questi miserabili, tormentati dalla loro coscienza o dal loro dolore. E dovunque il capo di famiglia, o il figlio, o il fratello, o la madre, era rientrato, nelle ore della notte fu un lungo pianto, un lungo gemito; e i bimbi che non sanno, i bimbi che dovrebbero sempre ridere, vedendo quel pianto, udendo quel gemito si mettevano a piangere anche essi, disperatamente, senza sapere, senza capire, non volendosi mai più chetare. Un gran pianto, per tutte le case di Napoli, nei quartieri poveri, nei quartieri ricchi, nelle case più lontano dal centro, dovunque, dovunque: nessuno poteva dormire, nessuno aveva pensato a riposare: tutti ci erano cascati e un po’ da per tutto mancava un padre, un figliuolo, un fratello, arrestati, portati a quel duro carcere che è San Francesco, il terrore dei napoletani, a San Francisco, la parola tremenda. E dove non si piangeva, nel gran colpo della fallita, nella perdita del denaro, fra padre e figlio, fra marito e moglie, fra fratello e sorella sorgeva la lite dell’interesse offeso, nascevano, dai rimproveri crudeli, le crudeli offese, e tutto il fango di tante esistenze veniva rimosso, risaliva a galla: dovunque erano gridi, urli, bestemmie invano soffocate. In nome dell’interesse,