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terne, accoglieva la forza pubblica che si portava via i colpevoli; e i più furenti si gettavano contro le guardie volendo toglier loro di mano gli arrestati per bastonarli, per ucciderli, per massacrarli. In alcune banche, ai Tribunali, a Foria, l’ispettore, il delegato dovettero cingere la sciarpa, parlare alla folla furente, per salvare i colpevoli: in altre, ai Mercanti, a Santa Maria La Nova fu chiesto rinforzo ai carabinieri, ai soldati, per impedire che la folla facesse giustizia sommaria dei banchieri. Era impossibile sciogliere gli attruppamenti, impossibile persuadere la gente che era inutile aspettare nella strada, aspettare, aspettare niente. Che! Sotto l’urto di una disperazione invincibile, uomini, donne, giovanotti, non avevano la forza di restare nelle loro case: ne uscivano, correvano alla banca, con una speranza vaga, così, per istinto, per vedere la strada, le mura, le pareti, dove il loro denaro era stato travolto.
Nei circoli, nei monasteri, negli educandati, negli uffici, nelle scuole, nei padiglioni, la notizia del disastro arrivò verso le due: si dovettero sospendere le lezioni, il lavoro; nessuno pensò più nè a leggere, nè a scrivere, ma a uscire, ad andarsene, per correre alla banca, per sapere: e chi non lo aveva questo permesso, se lo prendeva da sè, così, nel gran disordine dello spirito, buttando via ogni riguardo, ogni ritegno, non pensando che a correr via. Verso le tre la folla si venne aumen-