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all’erta, sentinella! | 17 |
retto di un rosso vivo, tutto ciò stampigliato al numero 417. Gli avevano, per vestirlo, levata la catena dalle mani e l’avevano buttata in un cantuccio. Ma la saldatura della catena di galeotto, al collo del piede, fu un affare lungo piuttosto. Accovacciato per terra, i due fabbri martellavano il ferro caldo alternativamente.
— Non è stretta? — chiese uno di loro, a Rocco Traetta.
— No, è giusta — disse lui, che già si sentiva un peso insopportabile.
La catena era lunga più di un metro.
— Mi legheranno con un altro? — chiese lui, fingendo indifferenza.
— No — gli rispose il carceriere. — La catena puoi sospenderla alla cintura.
Difatti vi era un uncino nella cintura dei calzoni: pure, sospesa così, la catena pesava molto e il suo anello di ferro, saldato intorno al piede, dava un senso acuto, continuo d’intolleranza.
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Quando suonò il silenzio, alle nove, sopra l’isola di Nisida e il mare, era una profonda e molle notte stellata. Quella folla di galeotti a cui Rocco Traetta si era mescolato macchinalmente lo aveva accolto con una invincibile diffidenza, scostandosi da lui, non rispondendo a qualche sua rara domanda, guardandolo biecamente; alcuni lo avevano accolto con una gelida indifferenza: le due grandi note
Matilde Serao | 3 |