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gelli. Bisogna dire che nessuno ci credette. La notizia era già stata data due o tre volte e poteva essere, anzi fu dichiarata, un pio desiderio del giornale. Non ci credettero neppure gli interessati, che nella notte prima del loro disastro, si mostrarono dappertutto, a San Carlo e al Giardino d’inverno, nelle grandi trattorie e nelle grandi bische, nei balli e nei caffè, con le loro donne, coi loro amici, coi loro parassiti.

Ma alle otto della mattina cominciò il panico: si seppe sicuramente che nella notte Guglielmo Ruffo-Scilla, non potendo più far fronte ai suoi pagamenti, schiudendo gli occhi nell’abisso dove si era lasciato travolgere un po’ involontariamente, un po’ per fatalità e molto per miraggi fantastici di guadagni, si seppe che Ruffo-Scilla aveva promesso di costituirsi, nella mattinata, al questore e che difatti, si seppe più tardi, immediatamente dopo avvenuto il fatto, Guglielmo Ruffo-Scilla si era costituito nelle mani del questore di Napoli. Notizia fulminea che sgominò tutta la città. Le operazioni di arresto, di sequestro, di apposizioni di suggello cominciarono dopo le dieci, fra la folla piangente che assediava gli uffici, i portoni, tutte le strade innanzi alle banche. Quali facce tutte erano pallide come se le avesse toccate, passando, la mano della morte: ma alcuni erano pallidi e taciturni, alcuni pallidi e convulsi. Quel fallimento per molti era la rovina completa, la