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288 | trenta per cento |
di deposito e pagamento degli interessi. Bastavano due stanzette e un primo piano scuro dei Guantai Vecchi, del vicolo Stufa San Giorgio, del vico Campane, per crearne una banca, dopo averci messo dentro due figure esose, mal vestite, due scrivanie zoppicanti, due registracci di cartone grosso e quattro sedie di paglia.
Alcune di questo nuove banche erano sorte in quei palazzi di via Tribunali, di Vico Nilo, di via Mercanti, di vicolo Mezzo Cannone, dove ci è di tutto, famiglie borghesi, famiglie di operai, fabbriche di fiori artificiali, ricamatori di oggetti sacri, levatrici, case di povere donne prigioniere del disonore, bigliardi clandestini, alberghi a vil prezzo e agenzie di pegni; anzi, dovunque ci era una agenzia, al piano superiore o all’inferiore, come un rigoglio naturale, sorgeva una banca: e le facce degli impiegati di banca parevano le stesse di quelle che strozzavano il popolo; vi erano delle misteriose affinità nei mobili, nei registri, negli stessi cancelletti di ferro o di legno. Era roba vecchia, unta, puzzolente, quella delle nuove piccole banche, come quella dell’agenzia di pegni e spegni, e gli impiegati avevano gli stessi soprabiti bisunti, le stesse camicie sfilacciate, le stesse cravatte arrossite che lassù nella tetra agenzia.
Però, malgrado l’indecente miseria di tutte queste nuove banche, l’interesse era venuto crescendo precipitosamente, come una pallottolina di neve