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trenta per cento 277


— Sta bene, più tardi, — mormorò ella.

— Vostra Eccellenza si rovinerà la salute, in questo modo.

— Non importa, andate, Raffaella. Avvertitemi solamente quando il padrone è svegliato.

Ma dovette aspettare qualche tempo, almeno due ore, seduta nella sua poltrona, immobile, col viso immerso nel largo cerchio di penombra che diffondeva il grande paralume di seta sulla lampada. Suo marito aveva il sonno pesante, come tutti quelli che riposano da profonde fatiche intellettuali o materiali, da profonde agitazioni dello spirito. Si capiva che era tornato a casa estenuato, niente che a udire lontano due stanze, il suo respiro forte o duro. Pure ella attese pazientemente, senza muoversi, ora che il Signore le aveva fatto la grazia di ricondurlo a casa, anche per un giorno soltanto. Si avanzava sempre più la sera, quando un lungo squillo di campanello elettrico risuonò, e nella sua stanza Carlo Triggiano cominciò il suo solito allegro chiasso del risveglio parlando con Raffaella, parlando con sè stesso, canticchiando aprendo e chiudendo rumorosamente i cassetti, rumoreggiando con le sue scarpe di elegante, nuove e scricchiolanti. La signora Eleonora non si alzò, non andò nella stanza di lui, come soleva fare, aspettandolo nel salotto. Egli uscì dopo un pezzo in marsina, con la pelliccia aperta, che lasciava vedere il petto candido della marsina e il gibus sul capo. Fischiet-