Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
262 | trenta per cento |
Paolo Collemagno. No, no, ella non amava, non voleva amare, ma era risuscitata ai dolorosi doveri della sua esistenza, di nuovo le responsabilità della vita le pesavano, gravi, imponenti.
— Andiamo, — disse.
Quando salì in carrozza, fuori, tutto il cielo di febbraio aveva una delicata tinta azzurrina, quella che si diffonde dopo i lunghi temporali. Un umidore regnava ancora nella via e nell’aria, un umidore dolce, dagli odori sottili. Pure, per nascondere la sua agitazione, ella aveva fatto prendere una carrozza chiusa, un coupé; e malgrado la lieve umidità dei cristalli, molti, dalla strada, si voltavano a guardare questo pallido, esangue volto di donna bionda che nel vestito nero scintillante e dietro la sottilissima veletta nera aveva un aspetto strano. Ella avrebbe voluto che la carrozza corresse, tanta era adesso la sua esaltazione: ma non era possibile: la strada era sdrucciolevole per il fango che si era formato e tutta in salita. Il coupé ascendeva lentamente per Toledo, la strada tutta tappezzata di cartelloni rossi, gialli, verdi, tutti cartelloni di nuove e vecchie banche, dove si offriva il ventiquattro, il venticinque, financo il ventotto per cento, al mese; ma Eleonora Triggiano guardava tutto questo, senza vedere, fissandovi sopra gli occhi imbambolati. Ella, ogni tanto, affacciava la smorta faccia dietro i cristalli, come mossa da un impulso interiore, come se non