pioggia vi era il calore primaverile, poichè nelle sue vene gelide ricominciava ad ardere il sangue: andava e veniva, agitata, commossa, pensando che cosa fosse questo imminente, gravissimo pericolo, immaginando le più orribili cose, combinando l’assenza prolungata del marito con quel biglietto di Paolo Collemagno. Decresceva, decresceva la pioggia, nella mattinata di febbraio ma ella perduta nelle sue tristi visioni, non si avvedea di nulla. Ah, era fuggito per sempre il sonno di pace, di tranquillità, di dimenticanza, ella era nuovamente immersa negli sconforti e nelle angoscie di una vita infelicissima. Dove poteva essere suo marito, in quell’ora? Quale pericolo correva? Come si poteva ancora salvarlo? E ne avrebbe avuta la forza, lei? Ahi, che il suo cuore era vivo, adesso vivo al sospetto, alla paura, all’improvvisa debolezza, alle improvvise esaltazioni! E le ore passate in agitazione, girando nel suo appartamento deserto, concentrate nei suoi foschi pensieri, non avevano il senso del tempo per lei: ella era rinata alle angoscie dei disperati, che non sanno più che cosa è il tempo. Era l’una, quando un sottil raggio di sole battè sulle sue finestre. Ella guardò macchinalmente fuori. Bisognava andare. Ella doveva sapere: ella doveva salvare suo marito, il suo nome, e forse, chissà, la vita dell’uomo che aveva amato. L’uomo che amate, aveva scritto umilmente e dolorosamente