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246 | trenta per cento |
Erano coloro che portavano alla banca i restii, che eccitavano i timidi, che levavano le difficoltà alle persone imbarazzate, che abbreviavano le operazioni per gli impazienti. Erano i collettori. Giovanotti senza professione, figli di famiglia scapati che non avevano voluto imparare niente e che erano prima la desolazione delle loro case; studenti che non avevano potuto continuare i loro studii; commessi di negozio che avevano lasciato i loro modesti magazzini; agenti di cambio che non poteano comparire nella Borsa, non avendo pagato le loro differenze; giocatori che erano stati radiati dai circoli, dove non avevano pagato i loro debiti di giuoco; impiegati mal retribuiti che non andavano in ufficio o vi andavano solo per trovare qualche depositante. Chi non era collettore? Tutti potevano esser tali. A parte quelli che esercitavano apertamente tale curiosa professione, dalla mattina alla sera, nei caffè e nei teatri, nello birrerie e nelle passeggiate, nelle visite, finanche nei balli, dovunque, perorando, declamando i vantaggi della banca Scilla, o della banca Costa, o della banca Ferrero, o della banca de Cunctis, o di quella Lopez Bianchini, chiunque fosse presentato agli sportelli, dicendo: — Un mio amico vuoi deporre diecimila, ventimila lire, per mio mezzo, voglio il tanto per cento, come collettore, — subito aveva il suo tanto per cento e diventava collettore. Tutti potevano essere tali, purchè accettassero, in buona