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trenta per cento 245

nivano a portare in Napoli il loro tesoro, gelosamente nascosto, per anni, non avendo fiducia nella rendita italiana, non credendo alla Banca Nazionale, non contentandosi di quello che dava la cassa di risparmio: venivano con la certezza di triplicare, in pochi mesi, il loro denaro, con la sordida avidità del guadagno rapido, fantastico, illecito.

Lo vedeva bene, Eleonora Triggiano, poichè camminando per Toledo, ogni tanto, bisognava si arrestasse: la circolazione era impedita innanzi ai portoni delle banche: una folla di persone composta specialmente di cafoni, di provinciali e in qualche parte di cittadini napoletani, si assiepava procedendo lentamente. I provinciali ci si avviavano per gruppi, l’arciprete con le donne e i nipoti, il proprietario coi figliuoli e le figliuole, il grasso colono col suo compare, tutti insieme, come se andassero a compiere qualche cosa di solenne. Ma l’occhio acuto di Eleonora Triggiano che scrutava curiosamente quella folla, vedeva che quasi ogni gruppo aveva una guida, un giovanotto elegante con la spilla di perla alla cravatta, con le dita piene di grossi anelli di brillanti, magari con una magnifica pelliccia: e i provinciali seguivano la loro guida, docilmente l’ascoltavano in silenzio, e l’elegantissimo continuava a perorare, vivamente con la parlantina propria dei napoletani, con quella festevolezza che allarga il cuore. Erano i collettori.