fondo alla bottega, questi cartocci di pasta. Era pasta della Costa Vesuviana, come lo annunziava il venditore, ma di qualità inferiore: pure quel regalo, quella munificenza, quella generosità natalizia sembrano una cosa deliziosa alla popolazione napoletana e da tre giorni circolando la voce, la bottega non si vuotava mai, tutti ci venivano a comperare e i versetti sul cartello erano ripetuti allegramente: — viva viva la banca Costa. E a leggenda del pastaiuolo della Pignasecca, varia, curiosa, fantastica, girava per tutta Napoli: chi diceva che il pastaiuolo aveva guadagnato trentamila lire di interessi con la banca Costa: chi diceva che Costa gli aveva regalato diecimila lire di contanti e cinquantamila di pasta per elargirla al popolo napoletano, gli altri banchieri e i loro amici e i collettori mordendosi le labbra per quella réclame, che pareva ingenua ed era potentissima, cercavano di denigrarla. Ma la bottega non si vuotava mai di compratori e se quelli che compravano sei soldi di pastina, ci guadagnavano un chilo di maccheroni di mezza lira, quelli che spendevano oltre una lira, scontavano un guadagno al venditore. Che importa! La bottega era sempre piena e coloro che spendevano tre, cinque, dieci, venti lire, portavano via trionfalmente il loro chilo di maccheroni come se avessero preso un terno. Ferma, Eleonora Triggiano guardava quell’affollamento vagamente sorridendo,