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trenta per cento 233

gnolo, e di immense pezze di cacio di Cotrone, mentre gli erbivendoli e i fruttivendoli avevano messo sulla strada per tutto il marciapiede, le ceste delle mele o delle pere, le piramidette delle arance e i trionfini dei mandarini: i cavoli bianchi, i broccoli di rapa, la cicoria, le rape, si ergevano a mucchi, a montagne, fresche, grosse, di un verde richiamante la gioia. Già si comperava, lassù, e per camminare un po’ liberamente, la signora Eleonora dovette scendere dal marciapiede o andarsene in mezzo alla via, alla sua chiesa sperando di trovar là quella solitudine e quella malinconia che era d’accordo con la tranquilla desolazione del cuor suo. Ma nella piccola chiesa, per la novena di Natale, avevano fatto una gran ripulitura degli argenti, messo il messale nuovo dalla fodera di un rosso vivo, cambiato il bianco lino all’altare con uno finissimo da cui pendeva un ricco merletto antico: vi erano finanche dei fiori freschi, rose chiare delle quattro stagioni, nei vecchi vasi che il sagrestano aveva detersi dalla polvere. Varie persone pregavano a quell’ora: e umilmente la signora Eleonora aveva piegato le ginocchia innanzi a un banco di legno scuro, il banco dei poveretti che non hanno un soldo per pagare la sedia di paglia.

Cercò di raccogliersi, cercò di pregare: ma più di ogni altro momento, sentì allora nell’anima il crudele scetticismo che l’aveva condotta all’apatia.