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220 | trenta per cento |
— Noi vogliamo mettere le nostre misere economie sulla banca Costa, — disse la beghina con quel suo occhio felino, scrutatore.
— Ah! — fece Eleonora stupefatta.
— È una somma assai piccola, riunita in trent’anni di stenti, di privazioni. Certo, qualche volta abbiamo fatto un piacere a un amico, prestandogli una sommetta, ed egli ci ha compensate. Ma i tempi sono tristi — soggiunse con un sospiro, — e non abbiamo mai potuto avere più del quindici, del venti per cento all’anno, nientemeno, signora mia. Ora che Costa dà il quindici e il diciotto per cento, al mese, capite, abbiamo ritirato queste poche lire, da tutti quelli che ci dovevano. Che ci ha voluto! Quante preghiere abbiamo dovuto fare al Signore! Ci sono dei debitori così ostinati, così ostinati, che vogliono, sì, pagare l’interesse, ma restituire il capitale, niente! Ci ha aiutate il Padre Eterno e un buon uomo di usciere, Gaetano Falcone che non vi è l’eguale, per esigere, un sant’uomo scrupoloso. Infine abbiamo potuto riunire tutto e dopo essermi consigliata col parroco, ho portato tutto a voi perchè lo consegniate a vostro marito.
Intanto contava il denaro pian piano, carta per carta, lentamente. Eleonora, immersa da capo nelle sue crudeli ansietà, sentendo sempre più intorno a sè la fitta rete d’interessi sordidi e infami che la circondava e la traeva alla perdizione: — Qual è la somma? — chiese macchinalmente, credendo,