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212 trenta per cento


— Grazie, grazie — disse lui, commosso. — Ieri ho ricevuto una lettera, una lunga lettera di mia sorella. Mi domandano.. mi domandano di quelle banche.... — mormorò, come improvvisamente preoccupato.

— Anche loro? laggiù? — fece ella meravigliata, non potendo dominare un lieve pallore.

— Pare.... n’è giunto il rumore in provincia. E poi.... — soggiunse stentatamente — le donne di provincia sono curiose.... vogliono saper tutto da noi.... credono che noi sappiamo tutto....

— Ma vogliono forse fare anch’esse qualche affare di banca? — ribattè lei, con un po’ di sgomento nella voce.

— Non credo, non credo, — continuò a dire lui, stentatamente, come se non potesse inghiottire un boccone. Non hanno denaro, non possono averne, lo sapete siamo assai poveri.

— Meglio così, forse, — diss’ella, lentamente. — avete loro risposto?

— Sì, subito. Ho scritto loro che queste banche non erano che una truffa, non potevano esser altro che una truffa. Così staranno in guardia.

— Ma se dite che non hanno.... da perdere?

— Faranno stare in guardia gli altri — disse lui, sempre stentando a parlare.

— Buongiorno, professore, — disse lei, improvvisamente, andandosene assai pallida, come se un freddo mortale l’avesse colpita.