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trenta per cento | 211 |
Sotto l’ampio portone del palazzo Cariati la signora Eleonora Triggiano incontrò il suo vicino, il professore de Peruta, che usciva per un altro giro di lezioni. Ella gli sorrise benevolmente, poichè era sempre buona con quel povero lavoratore, timido e infelice, a cui un sorriso di donna era una grazia speciale: e immediatamente il povero professore, affascinato da quella benevolenza muliebre, si fermò innanzi alla signora. Per il freddo di quella mattina egli aveva indossato un certo suo cappottone marrone chiaro, grosso di pelo, come tutto gonfio per la flanella che lo foderava, e portava un paio di guanti di lana, molto grossi, dalle dita enormi, ma che per essere troppo corti, gli lasciavano scoperti i polsi e portava, pel freddo, il cappello abbassato sugli occhi. Era assai grottesco: ma fermò la signora, come facea sempre per scambiare con lei due o tre parole imbarazzato, confuso:
— State bene, signora? — chiese, con un’ansietà precipitosa, come s’ella fosse stata ammalata per qualche tempo. Invece era per covrire il suo imbarazzo.
— Bene, grazie — disse lei — e voi, professore, sempre al lavoro?
— Sempre. È per me un gran conforto — soggiunse vagamente, pensando che era meglio andarsene, ma non sapendo come licenziarsi.
— E la vostra famiglia, sta bene — diss’ella, per dire qualche cosa, per essergli cortese.