vinse, si piegò di nuovo, seguendo con gli occhi la tetra carrozza, ma avendo infilato il suo braccio a quello del suo innamorato come per bisogno di protezione: la negra carrozza passò innanzi al picciolo stabilimento di bagni, dove la marinara, adesso, spazzava la viottola di legno innanzi ai camerini, e la meraviglia la fece restare immobile, col grosso bastone della granata fra le mani: i fanciulli che si erano sdraiati, nei loro vestitini da bagno, di maglia, sull’arena calda, si levarono su, sorpresi. Il negro forgone si era fermato sull’arena, poco lontano da loro; la porticina di dietro, l’unica sua porta, si era aperta, ne era sceso un carabiniere, poi un altro; nella penombra cupa del forgone si scorgeva un altro pennacchio rosso. Pazientemente i carabinieri aspettavano, fermi sull’arena, sogguardando cautamente, ogni tanto verso Nisida: uno di essi, l’appuntato, si piegò verso la porticina aperta sempre, come per discorrere con coloro che stavano ancora dentro il forgone; parlamentò per due o tre minuti, col capo abbassato nel vano nero, poi si scostò un poco. Un altro carabiniere discese; e infine discese un uomo, un giovane, con un salto solo senza toccar la predella, restando diritto, immobile e taciturno tra i tre carabinieri che formavano, intorno a lui, uno stretto triangolo. Dalla villa Carrano, dall’osteria, dalla via di Posillipo, di Fuorigrotta, dai bagnetti si guardava intensamente. Alla comparsa dell’uomo, im-