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trenta per cento 197

condo di Borbone; era tutto un campionario di carte—valori e di monete d’argento; vagamente, distrattamente contandole, l’impiegato sorrideva. Il provinciale, dietro il quale stava il professore Alessandro de Peruta, seguiva con l’occhio il suo denaro, a ogni moneta a ogni carta, avidamente.

— Dodicimilasettecento, — disse l’impiegato, cominciando la ricevuta.

Aveva messo da parte il denaro, insieme all’altro già depositato, ed era un grande fascio di carte-valori, e un mucchio di monete, d’oro e d’argento. Evidentemente non avevano, lì, dietro il cancello, neppure un cassetto da riporlo. E a malincuore il provinciale se ne separò definitivamente: se ne andò pian piano, dondolandosi sulla persona grassa, come un’oca troppo gonfia.

— Lire settecento, — disse il professore Alessandro de Peruta, — per Elisabetta e Clorinda Fasulo.

— Elisabetta e Clorinda Fasulo, settecento, — strillò l’impiegato dello sportello.

E mise da parte il denaro, accingendosi a scrivere la ricevuta.

— Non lo contate? — disse il professore colpito.

— Per le piccolo somme, mai — rispose nettamente l’impiegato, il cui anello di brillanti scintillava magnificamente.

Elegantemente staccò la ricevuta e la porse.