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terno secco 163


— Carminiè, di’ un’altra volta che è uscito all’estrazione?

Alla curiosità di tutti, all’emozione di quella voce, Carminiello, che andava ogni sabato a prendere i numeri, dove si estraevano, alla Rotonda, presso San Giovanni Maggiore, intese che quello era un sabato eccezionale. E con pause sapienti, per la terza volta, disse l’estrazione, gettandone le sillabe come altrettanti squilli di tromba.

Dodici — tre — novanta — quarantadue — ottantaquattro.

Vi fu come un silenzio universale: solo una voce fioca, quella di Totonno il ciabattino, dalla sua botteguccia, domandò al ragazzo:

— Carminiè, come è uscito, novanta?

— Terzo eletto — rispose quello, e, fatto il suo dovere di pubblico banditore, se ne scappò nel palazzo Ricciardi, per dare l’ultimo pugno di spugna alla carrozza aperta della marchesa di Casamarte. In mezzo a quel silenzio la signora francese comparve all’angolo della via Donnalbina, portandosi la figliola Caterina sotto il braccio. Erano stanche, ambedue: la signora delle troppo lezioni date, in cui le si sciupava quel po’ il fiato che le restava, la figliuola stanca di star chiusa, per tanto ore, nella stanza di una scuola, dove il suo troppo robusto temperamento si deprimeva. Talchè la madre trascinava un po’ il suo ombrellino assai mediocre, di percallo: e la figliuola teneva libri, i quaderni,