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152 | terno secco |
vite accartocciata: poichè egli, preso da una invincibile debolezza, esclamava:
— Niente ci può, niente.
Quando Gelsomina entrò nella bottega, quella mattina egli formava una coroncina di rose artificiali per metterla sul capo biondo di una Madonna della Saletta tutta vestita di bianco, con le manine rosee nascoste sotto le ampie maniche di lana candida.
— Peppino, mi presti cinque soldi?
— Ti servono per comperare il cotone della coperta?
— No, mi servono per giuocare certi numeri.
— Sono numeri buoni? — domandò languidamente Peppino Ascione. — Escono?
— Speriamo. Se vinco, mi sposo con Federico, il giovine del parrucchiere Rigillo. Vuoi giuocarli anche tu?
— Tieni, mettici una lira per conto mio ma farai il terno asciutto, perchè me ne importa poco di vincere un ambo di quindici lire.
— Se vinci, che fai, neh, Peppi?
— Se vinco? Lo so io, che faccio. Io chiudo la bottega e me ne vado a un paesetto che si chiama Pugliano, sopra la montagna di Somma, dopo Resina. Fuoco dentro la terra e sole sulla testa: là ci sta brodo di vaccina, latte fresco e vino buono: là faccio una passeggiata ogni mattina, per quei paesetti — e mi vedete tornare grasso e grosso, dopo sei mesi.