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112 all’erta, sentinella!

infine, l’ultimo suo letto, la cassa foderata di raso. Il primo a entrare nella stanzetta del piccolino fu Rocco Traetta, pian piano, quasi scivolando sul pavimento. La madre era seduta, un po’ staccata dal letto, tenendosi le ginocchia con le mani, nerovestita, coi capelli un po’ sciolti sul collo; guardò il galeotto, come se non lo vedesse, coi suoi occhi che non avevano più nessuna espressione. Rocco Traetta, pian piano, s’inginocchiò accanto al lettuccio, appoggiando la fronte sulla sponda del letto: e stette lì, così, per tanto tempo, senza piangere, senza parlare. Cautamente prese una manina cerea del piccolo, la baciò e vi mise qualche cosa, dentro. La madre stava immobile; a un certo punto, guardò il galeotto, gelidamente, come se lo cacciasse via. Egli si levò e uscì dalla stanza, ma restò nel corridoio, ritto, nella penombra, vedendo passare innanzi a sè una quantità di gente, donne, bimbi, soldati, ufficiali, tutti coloro che per sentimento di pietà, per senso malinconico curioso della morte, entravano e uscivano dalla odorosa stanza, dove il piccolo morto giaceva. Nessuno chiedeva che fosse quella carta che il bimbo aveva fra le dita, chiusa e suggellata come una lettera. Quando un fanciulletto muore, nelle provincie meridionali, coloro che vanno a visitarlo o i parenti stessi gli mettono fra le mani, nella cintura, nelle pieghe del vestito, qualche letterina: è quasi sempre una preghiera rivolta al Signore o