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102 | all’erta, sentinella! |
non dormiva e passeggiava u e giù nella sua vedova stanza: ogni tanto, attraversava le due stanze; in punta di piedi, apriva chetamente la porta della cameretta e sogguardava. Ben felice, se potea sorprendere sua moglie e suo figlio in uno di quei brevi momenti di assopimento, se ne andava quietamente, un po’ racconsolato pensando che quel riposo era un conforto, per i due martiri. Ma spesso, nella cameretta, l’ombra stanca della madre andava su e giù, tenendosi nelle braccia il bimbo che si lamentava, affagottato nelle coperte, lasciando vedere un piccolo volto stanco ed emaciato.
— Sta male? — chiedeva lui sottovoce.
— Così, così — rispondeva lei, sullo stesso tono, continuando a passeggiare.
— Povero figlio — diceva il padre a bassa voce sempre.
E dopo aver contemplato un momento quel quadro doloroso se ne andava. Non poteva più riposare neppure lui pensando a quella desolata ombra materna che si agitava nella cameretta. Il dodicesimo giorno, specialmente, fu un po’ cattivo: neanche la causticazione della sera, fatta lungamente dal dottor Caracciolo, con un’attenzione scrutatrice, con una cura massima, alleviò molto il bimbo. Chiedeva sempre da bere; poi difficilmente poteva inghiottire e si lamentava, piangeva, sì, piangeva di dolore, squarciando il cuore di Cecilia. Gli dava dei pezzetti di ghiaccio che lo refrigeravano un minuto,