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92 all’erta, sentinella!

la lampada, e tornava al lettuccio, appoggiando la testa sul cuscino, estenuata. Non dormiva, no: era un sonnecchiamento affannoso, che il grido delle sentinelle interrompeva, sonnecchiamento ripreso a sbalzi. Frattanto il bimbo, inquieto, si svegliava; ma vedendo che la madre dormiva, non diceva nulla, rimaneva taciturno, con gli occhi sbarrati, guardando le ombre del soffitto. Solo quando la soffocazione si faceva sempre più forte, egli cominciava a lamentarsi, a sollevarsi sul letto come per bere l’aria che gli sfuggiva. Subito, ella si svegliava, angosciata, credendo di aver dormito troppo, quasi chiedendo scusa a suo figlio.

— Figlio mio, figlio mio...

Non sapeva dire altro, per consolarlo, per sollevarlo. Quanto erano lunghe quelle notti! Ella desiderava l’alba con tutte le sue forze, perchè finisse quel lungo tormento di suo figlio e il suo tormento, perchè finissero quelle voci lugubri dei custodi di quel carcere. L’aria si raffreddava, verso le cinque del mattino, qualche spiraglio di luce cominciava a delinearsi, dietro le imposte, e il bambino cadeva in un profondo torpore. Ella stava a guardarlo, fiso, quasi magnetizzandolo, perchè dormisse calmo, perchè dormisse più a lungo, e a questa fissità la sua volontà e le sue pupille materne si stancavano, ella piegava il capo: si riscuoteva ancora, due o tre volte, trasalendo, come se avesse inteso piangere il suo bambino; ma fra