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88 | all’erta, sentinella! |
cercando di abituarsi alla oscurità; il suo figliuolo gli sorrideva tacitamente nella penombra, lasciando che la madre terminasse il racconto. Anche il padre ascoltava quella meravigliosa storia che non osava interrompere e assuefatto oramai all’oscurità guardava negli occhi il suo piccolino ammalato. Col trionfo della bellezza e della virtù, con la punizione della bruttezza e della perversità, la fiaba finiva e il bimbo crollava la testa soddisfatto, contento.
— Come sta? — diceva il capitano Gigli a sua moglie.
— Bene — rispondeva il fanciulletto, prima ancora che sua madre rispondesse.
— Dice sempre così, poverino — mormorava la madre, carezzandogli i capellucci madidi — lo dice per farci coraggio.
— Ma non sta bene? — chiedeva il padre, ansiosamente, più turbato nell’anima di quel che paresse.
— Così, così — dicea la mamma, accomodandogli i cuscini.
E rimaneva taciturna, malinconica. Il marito, angosciato, indovinava una parte delle sue angosce.
— Vorresti portarlo via, nevvero? — le chiedea, per trarla da quel silenzio, in cui ella appariva più abbattuta, più accasciata del bimbo infermo.
— Sì — rispondeva ella.
— Il medico dice che non si può — soggiungeva timidamente il marito.