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nella bottega di caffè della casa Bardazzi; mi posi a scrivere una lettera a mio padre, che come io dissi, giaceva malato in Castelfranco di Sopra mio paese natio, situato nell’amenissimo altipiano della valle dell’arno superiore in Provincia di Arezzo. Al momento di chiudere in busta la mia lettera, fu richiamata la mia attenzione dal passo cadenzato di una quantità di militi che si fermarono innanzi la casa, ed uno di questi dalla porta della bottega volgendosi alla padrona, che trovavasi al banco, dimandava se era in casa l’ing. Enrico Sequi, ed io rispondendo per essa, dissi: Sequi è presente, chi è che domanda di esso? Il milite che non mi aveva per anche veduto, fece cenno ad un suo superiore, il quale entrato in bottega, e voltosi a me ridomandò formalmente se io era il sig. Sequi, e dopo la mia affermativa, mi presentò regolare mandato d’arresto, spiccato dal Tribunale di Prato contro di me. Io feci le meraviglie di quest’ordine d’arresto, ma a nulla giovando il discutere con quelli sgherri, per metà cacciatori, e metà guardie municipali, chiesi soltanto il permesso di potermi recare sui lavori, onde lasciare ben disposti i medesimi nella mia assenza, che ritenevo di pochi momenti. Ciò non solo mi fu impedito, ma con precauzione veramente sbirresca, fu mandato a chiamare dai lavori il mio amico Barbagli, il quale restò attonito alla notizia del mio arresto.

Io lo confortai mostrandomi poco preoccupato di questa misura poliziesca, e datili alcuni ordini, mi disposi a partire, dopo aver fatta una semplice colazione, e chiesto di poter cambiarmi di abiti che mi fu accordato. La colazione ed il cambiamento di abiti fu semplicemente uno strattagemma per eludere la vigilanza degli sgherri, che avean circuita la casa per impedirmi la fuga. Data un’occhiata d’intelligenza all’amico Vincenzo Bardazzi, in brevi parole ci intendemmo, e mentre io mi cambiava di abiti, egli approntava con somma precauzione la vettura in rimessa chiusa, con la quale partimmo a gran velocità e ci allontanammo prima che gli scherani governativi si fossero riavuti dalla sorpresa della inaspettata mia fuga. Ciò non fu allo scopo di evitare l’arresto, e le ricerche del Tribunale del quale poco o nulla temeva, e giunto col Bardazzi a Prato alle ore