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Da ultimo osserva il Collegio che i computers venivano restituiti successivamente all’imputato, che veniva quindi posto in grado di procedere ad ogni verifica utile alla sua difesa.

2) La seconda questione aveva ad oggetto la non utilizzabilità di documenti estratti dalla memoria remota dei computers (c.d. unallocated clusters) asseritamente costituenti parte della corrispondenza tra l’imputato ed il difensore, quindi non sequestrabili ex art. 103, c.6 c.p.p.

Preliminarmente va rilevato che nel caso in esame non si trattava di perquisizioni e sequestri eseguiti presso lo studio del difensore, ma di documenti rinvenuti in luoghi in uso all’imputato.

Come tali essi non fanno parte, a stretto rigore, della corrispondenza fra difensore ed imputato, così come definita dal combinato disposto degli artt. 103, c.6 c.p.p. e 35 disp. att. c.p.p. L’art. 103 c.p.p. prevede le garanzie di libertà del difensore ove perquisizioni ed ispezioni avvengano nel suo ufficio. E’ ben vero che la giurisprudenza estende il cd. privilegio legale anche a corrispondenza rinvenuta in luoghi eventualmente diversi dallo studio professionale; tuttavia il privilegio deve avere inderogabilmente ad oggetto corrispondenza “riconoscibile dalle prescritte indicazioni” (art. 103, c.6 c.p.p.), contenute nell’art. 35 disp. att.: tale ultima norma indica specificamente i requisiti perché un atto possa definirsi corrispondenza proprio “ai fini di quanto previsto dall’art. 103 comma 6 del codice”.

Nel caso in esame i documenti evidenziati dalla difesa sono costituiti apparentemente da bozze, o addirittura da frammenti, privi dei necessari requisiti che ne consentano una sicura classificazione. Alcuni di essi riportano in apertura l’indicazione di un destinatario, diverso dal difensore; altri, in particolare i frammenti, non riportano neppure tale indicazione.

Affermava il difensore che essi costituivano allegati alla posta elettronica a lui diretta; tuttavia non offriva al Tribunale prova attestante la coincidenza tra i documenti in esame e quelli che assumeva di aver ricevuto, al fine di dimostrare l’identità con quelli sequestrati.

I documenti in oggetto non sono inoltre classificabili come corrispondenza di posta elettronica in relazione alla forma che presentano: invero, tra gli stessi “unallocated clusters” ne sono stati rinvenuti almeno due in tale forma, del tutto diversa da quella presentata dagli altri.

Osserva infine il Tribunale che il richiamo effettuato alla sentenza della Corte costituzionale n. 229 dell’1.6.98 appare suggestivo e in qualche modo inconferente, poiché nel caso concreto non viene in esame la libertà dell’indagato di autonomamente determinarsi nel suo rapporto con il difensore all’atto dell’assunzione della prova, ma solo della acquisizione di un documento liberamente già formato. Il provvedimento invocato, nella parte motiva, fa riferimento al principio dettato dall’art. 188 c.p.p., intitolato “libertà morale della persona nell’assunzione della prova”, principio negli stessi termini contenuto nell’art. 64 c.2 c.p.p., in tema di regole generali per l’interrogatorio.


Quanto, infine, alla riserva mantenuta all’udienza del 22.3.07 in relazione alla eventuale declaratoria di nullità della richiesta di rinvio a giudizio per violazione dell’art. 415 bis c.p.p. in relazione all’art. 178 lett. c) c.p.p. per omessa traduzione di alcuni documenti, va ribadito che dagli elenchi allegati alla richiesta - e successivamente non integrati - non è dato comprendere a quali dei documenti eventualmente già facenti parte del fascicolo del dibattimento la difesa si riferisca; come già si è osservato gli stessi “sono indicati con una numerazione non corrispondente alle allegazioni dibattimentali, né si possono evincere ulteriori elementi dalla loro sommaria definizione, non corrispondente alla descrizione del contenuto di ognuno dei faldoni depositati così come operata nell’elenco in ciascuno di essi inserito”. L’istanza deve pertanto essere rigettata. Per inciso si deve solo aggiungere che l’unico documento corrispondente nella numerazione delle pagine alla richiesta è quello di cui al punto 3) dell’elenco (lettera del Serious Fraud Office 2.2.05), consistente in un missiva di accompagnamento senza alcun contenuto di merito.


L’udienza proseguiva con le richieste di prove documentali e orali delle parti, con articolate esposizioni che terminavano all’udienza del 20 aprile 2007.