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<fatti indicati negli artt. 318 e 319 c.p.>; un richiamo, dunque, alle integrali fattispecie previste da tali disposizioni rispetto ad elementi strutturali che restano inalterati e che assumono valenza significante attraverso l'anticipazione del fatto reato da ricollegare alla finalità del comportamento (accordo ovvero ricezione o accettazione della promessa). La comune genericità del dolo nella corruzione susseguente trova giustificazione nella forza causale (non finalistica) della ricezione del danaro o dell'altra utilità o nell'accettazione della promessa, rispetto alla quale si profila un ulteriore dato soggettivo in relazione pure a questa specifica rilevanza causale del pretium sceleris. Il dolo specifico, in altri termini si incentra nella corruzione susseguente comunque nel compimento dell'atto … rispetto al quale la ricezione o l'accettazione della promessa assume valenza esclusivamente causale, in presenza di un precedente contegno specificamente orientato a favorire o danneggiare una parte di un processo civile, penale o amministrativo. Dall'elemento soggettivo, perciò, scompare l'ulteriore finalizzazione specifica costituita dallo scopo tipico della corruzione antecedente, secondo connotazioni proprie, del resto, alle ipotesi generali di corruzione susseguente (propria o impropria che sia). Cosicché, mentre nella corruzione antecedente l'atto contrario o conforme ai doveri di ufficio costituisce l'oggetto finalistico il cui effettivo realizzarsi non è necessario alla consumazione del reato, nella corruzione susseguente il dolo (questa volta generico) deve investire, oltre che la condotta (reale o consensuale), l'atto (contrario o conforme ai doveri di ufficio), costituendo l'elemento soggettivo l'oggetto di una rappresentazione necessaria ad integrare il dolo generico, come del resto tutti i fatti di corruzione ... Nella corruzione susseguente si è di fronte, dunque, ad una "causalità invertita" rispetto alla corruzione antecedente: l'atto contrario ai doveri di ufficio o di ufficio costituisce in tal caso l'antecedente strutturale indispensabile della condotta, che acquista rilevanza penale solo in forza del contributo causale dell'atto; in più, nella corruzione in atti giudiziari l'atto deve essere stato compiuto per favorire o per danneggiare una parte” (cfr. Cass. Sez. 6, n. 25418 del 3 luglio 2007) 4.
Quindi: nel momento in cui la norma richiede che la condotta sia commessa “per favorire o danneggiare una parte in un processo” la preposizione “per” introduce sia un complemento di fine sia un complemento di causa, che sta all’interprete individuare nella fattispecie concreta.
4 “Cosicché, con il richiamo, dell'art. 319 ter c.p. <ai fatti indicati dagli artt. 318 e 319 c.p.>, il legislatore, attraverso un vero e proprio sincretismo polisemico (teleologico-causale) della preposizione <per> di cui all'art. 319 ter, nel suo riferimento a tutte le ipotesi di cui agli artt. 318 e 319 c.p., ha costruito la corruzione susseguente in atti giudiziari come il fatto del pubblico ufficiale che, per avere compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio o dell'ufficio, per favorire o danneggiare una parte, riceve danaro o altra utilità o ne accetta la promessa”.