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fosse una qualche forma di complicità, ulteriore rispetto a quella che può caratterizzare il rapporto professionista/cliente.

Così Mills decideva di rivolgersi a Drennan, e di raccontargli i fatti, predisponendo a tal fine una lettera forse non lungamente meditata (di cui infatti non è stata trovata, nella memoria del suo computer, fra gli “unallocated clusters”, nessuna bozza), in cui descriveva, in termini identici a quelle poi raccontati a voce, vari specifici accadimenti, come ha riferito il teste Drennan e come documentato in atti. Non lo “scenario” da costruire intorno ad un fatto immaginario per renderlo veridico, ma le precise circostanze in cui si era verificato effettivamente il fatto, ed i suoi motivi.

Mills indicava l’ammontare della somma percepita e originariamente non dichiarata al fisco, i tempi in cui la stessa era stata posta a sua disposizione (ottobre 1999) e quelli in cui l’aveva materialmente acquisita (marzo 2000), le causali dell’introito, sia in negativo – somma non identificabile con i compensi percepiti per l’ordinaria attività professionale – sia in positivo – una sorta di remunerazione per la condotta mantenuta in favore di Silvio Berlusconi nel corso dei processi italiani, e di compensazione di quanto sottrattogli dagli ex soci di studio in ragione di un accordo spartitorio del rilevante profitto di una società offshore a lui intestata, di cui era entrato in possesso nel 1996 (il dividendo Horizon): spartizione cui era stato indotto, forse persino costretto, pena la denuncia all’Autorità giudiziaria britannica.

E tanto Mills scriveva e raccontava non in quanto cittadino qualunque, ma quale avvocato di lungo corso, consapevole della reale natura delle condotte dichiarate e delle gravi conseguenze cui si esponeva. Anche se non la lettera “Dear Bob”, certamente quelle successive erano il frutto di una ponderata attività di preparazione: i disvelamenti a Inland Revenue venivano infatti poi compiuti per gradi, utilizzando a quel punto più i consigli di Sue Mullins di quelli di Barker, specialista cui Drennan, come si sa, lo aveva indirizzato.

Sono ben comprensibili i motivi per i quali Mills, dopo la prima rivelazione, abbia poi tentato di limitarne i danni. Egli stesso, di fronte al parere di Barker relativo all’obbligo di denuncia dell’importo ricevuto e non dichiarato, e quindi al concreto rischio della sua sottoposizione a tassazione, si rendeva evidentemente conto della inutilità di metterlo in pericoloso collegamento con la sua pregressa attività per Fininvest; inoltre Mullins lo aveva consigliato in tal senso (proprio nella prima lettera di Mullins era stato volutamente omesso il riferimento al “regalo”); e forse – ma in questo caso si tratta di pura ipotesi, non per questo sfornita di plausibilità logica – qualcun altro, nel frattempo interpellato, aveva messo Mills sull’avviso rispetto alla gravità delle possibili conseguenze del suo gesto, puntualmente verificatesi.

Certo è che l’imputato – sottrattosi comunque al confronto dibattimentale, è bene ricordarlo – non ha mai fornito alcuna credibile spiegazione delle progressive modificazioni delle proprie