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Tanto premesso, deve rilevarsi, in primo luogo, la spontaneità delle dichiarazioni di natura confessoria, rese sia in forma scritta sia orale, da David Mills, intendendosi per spontaneità la libertà del soggetto di determinarsi nei propri comportamenti.

Non può infatti accedersi alla tesi difensiva volta a sostenere la sussistenza di condizioni di oggettiva coercizione esercitate su Mills dapprima dal fisco inglese e, successivamente, dalle Autorità inquirenti italiane. Su queste ultime non vale neppure la pena di soffermarsi, come non si è soffermata la difesa, certo non imbelle o inesperta, presente a quell’interrogatorio, che, come si è detto, mai nulla ha eccepito.

Il timore delle conseguenze dell’accertamento fiscale – e cioè: il timore di dover pagare un’ingente somma a seguito dello svolgersi di un corretto procedimento fiscale – è invece stato più volte ed in varie sedi affermato, quale origine di tutti i mali concretatisi anche in questo procedimento. È stato detto che Mills avrebbe deciso di dichiarare circostanze false (nella lettera “Dear Bob”) per dimostrare di aver ricevuto una somma a titolo di liberalità (fatto asseritamente vero) e nascondere contemporaneamente il nome del donante (e qui il falso). Resta del tutto incomprensibile l’applicazione della categoria giuridica della “costrizione” alla vicenda, anche come ricostruita in tesi difensiva.

È vero che la proverbiale serietà e ineludibilità del fisco di Sua Maestà britannica, e i suoi penetranti poteri di controllo, comportavano che il contribuente convocato a chiarimenti e integrazioni non ritenesse possibile né sottrarsi all’obbligo, né assolverlo mediante il ricorso ad allegazioni non veritiere, quanto meno in ordine all’ammontare e alla natura del denaro e dei profitti percepiti, esponendosi a gravi conseguenze sia penali sia sociali (stante la natura infamante, in quella società, del reato di frode fiscale, ed anzi di qualsiasi forma di elusione fiscale).

È però altrettanto vero che la generica richiesta di informazioni rivolta da Inland Revenue a Mills il 20 gennaio 2004 non poteva costituire di per sé, per una persona che non avesse avuto niente di rilevante da nascondere (nel caso: per una persona che aveva ricevuto un regalo, anche se ingente, in quanto tale non soggetto a tassazione, da persona che poteva nominare), una forma di “coercizione”, con tutto il carico di significato negativo da attribuirsi al termine.

È singolare il contrario, tanto più ove si tenga conto della qualità e quantità di informazioni – di per sé non tutte necessarie – che, in conseguenza della richiesta, Mills ha del tutto liberamente deciso di fornire non alla professionista di sempre, Sue Mullins, ma (inizialmente) solo a Robert Drennan, cioè a colui che nel passato, per incarico dello stesso Mills, si era già occupato proprio di questioni relative a Fininvest, e conosceva (anche se non nei suoi esatti termini) il rapporto fra l’avvocato d’affari ed il Gruppo. Una persona, insomma, con la quale Mills poteva ritenere, erroneamente, vi