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Per concludere sul punto va ricordato che, dalla documentazione bancaria di Mills esaminata dai consulenti, emerge il 7 settembre 2004 un accredito di 55.000 sterline proveniente da Marrache & Co. – Royal Bank of Scotland Gibraltar sul conto londinese di Mills, accredito richiesto dallo stesso Mills con mail (rilevata dal suo computer) del 26 agosto 2004. Si trattava dell’intero saldo di un investimento (Sloan Investment), che Benjamin Marrache (la cui deposizione sarà oggetto di esame successivamente) dichiarava essere di Mills.

Ciò costituisce ulteriore riscontro di quanto affermato in precedenza, circa il fatto che Mills attingeva, fin dalla fine degli anno ’90, a un deposito bancario, che egli stesso aveva detto a Inland Revenue il 5 novembre 2004 essergli stato trasferito da Fininvest, per i costi dei procedimenti penali italiani: e pertanto sia quelli in cui egli era testimone dell’accusa, sia (vista la data dell’accredito di cui qui si tratta) il presente procedimento.


Si possono a questo punto trarre alcune, parziali, conclusioni.

A Mills viene contestato di avere dichiarato circostanze false in ordine al compenso di circa 1,5 milioni di sterline ricevuto una tantum nel 1996 a seguito di accordi con Silvio Berlusconi – compenso qualificato come “dividend” e tenuto bloccato fino al 2000 in un deposito bancario denominato MM/AIL (Mackenzie Mills/All Iberian Limited) – affermando che si trattava di una plusvalenza di spettanza della società offshore Horizon Ltd. che i clienti avevano ritenuto al momento di non ritirare.

Come si è già osservato le risposte di Mills alle domande che gli erano state rivolte erano state quanto meno reticenti, sia in ordine alla effettiva proprietà della società da cui proveniva il cosiddetto dividendo, che egli conosceva perfettamente, sia quanto al suo reale destinatario finale, egli stesso.

Emerge in termini di certezza dagli elementi di prova in atti, illustrati nelle pagine che precedono, che l’attribuzione della somma a Mills rientrava nel complessivo disegno tendente a non far emergere, appunto, chi fosse il reale proprietario delle società offshore del Gruppo Fininvest e difendersi dalle accuse di falso in bilancio e altro, così aggirando anche il fisco italiano e la normativa in tema di concentrazione di mezzi di comunicazione di massa.

Per distanziare il Gruppo Fininvest – o meglio la/le persone fisiche proprietarie – dai patrimoni delle società offshore, gli utili di una società, di cui a Mills era stata attribuita la proprietà solo per tenere celata l’identità degli effettivi beneficiari, erano stati trasformati in utili di Mills, e come tali egli li aveva sottoposti a tassazione, quale suo introito professionale, nel Regno Unito.