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richiesta (contemporaneamente negando la sussistenza del segreto secondo la legislazione inglese) disponeva che, nel momento in cui il teste si fosse appellato a tale norma, il suo esame proseguisse a porte chiuse, alla presenza delle sole parti ed in assenza del Collegio1. Gli atti sarebbero poi stati trasmessi al Tribunale milanese solo previa deliberazione da prendersi in Italia, non avendo in Londra l’autorità italiana alcun potere giurisdizionale. Di fatto la quasi totalità dei testimoni dichiarava di avvalersi della facoltà loro accordata in relazione alla stragrande maggioranza delle domande che venivano loro poste, e mentre essi deponevano il Collegio attendeva fuori dall’aula. Investito dunque della questione in Italia, all’udienza del 19 ottobre 2007, previa discussione delle parti, il Tribunale decideva la questione nei termini che seguono.


Il Tribunale


sentite le parti,
preso atto delle modalità di esecuzione della rogatoria svoltasi a Londra nei giorni dal 24 al 27 settembre 2007

osserva

Ciascun testimone, assistito da un difensore di fiducia (così come consentito dalla legge inglese), ha preliminarmente dichiarato di volersi avvalere del segreto professionale, dal quale non era stato sciolto, riguardo ad ogni domanda a suo parere afferente la relazione professionale con gli imputati.

Il giudice inglese, escludendo la sussistenza del “confidential privilege” secondo la legge del luogo, ha demandato a questo Tribunale ogni valutazione in ordine alla sussistenza o meno del segreto in questione ex art. 200 c.p.p.

Per alcuni testi il problema è di immediata soluzione, come oggi asserito anche dai difensori di entrambi gli imputati: così per Tanya Maynard, espressamente qualificatasi segretaria della società CMM, nonché per il banchiere privato Andrew Costard, atteso che nessuno dei due appartiene a categorie professionali menzionate dal suddetto articolo, il cui elenco non è suscettibile di interpretazione analogica estensiva. Infatti lo stesso art. 200 c.p.p., dopo aver menzionato alle lettere a), b) e c) le specifiche categorie di soggetti che possono avvalersi del segreto professionale2, indica alla lett. d) “gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale”: ciò conferma che solo una espressa disposizione normativa può essere fonte del privilegio invocato. Nei casi in esame una tale disposizione non è stata né dedotta né tanto meno dimostrata.

Quanto a Robert Drennan e a David Barker, si tratta di “chartered accountants”, ossia di revisori iscritti all’Albo inglese, che non risultano iscritti all’Albo professionale nazionale, e che pertanto non possono invocare de plano il privilegio di cui all’art. 5 D.Lg. 28.6.05 n.139, riguardante solo gli iscritti all’Albo del nostro Paese.

Tanto vale a maggior ragione per Sue Mullins, autodefinitasi “consulente fiscale”, non iscritta ad alcun Albo italiano.

Peraltro, a tali figure di professionisti deve applicarsi la Direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2001, recante “Modifica della direttiva 91/308/CEE del

  1. Analoga questione era stata posta davanti al magistrato inglese nel corso della rogatoria effettuata per l’esame quale teste di David Mills in data 11 marzo 2003, nell’ambito del procedimento n. 879/00, ed era stata decisa in senso opposto, come da verbale in atti, depositato dal P.M. il 13 aprile 2007 (“i giudici sono qui e sentiranno la deposizione e nel corso degli eventi decideranno o meno se giudicare se la deposizione è ammissibile”).
  2. Si tratta espressamente dei ministri di confessioni religiose, avvocati, investigatori privati autorizzati, consulenti tecnici, notai, medici, chirurghi, farmacisti, ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria.