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macchia grigia 95

— Dio, Dio! — sentii ripetere parecchie volte; e la voce sepolcrale del vecchio si perdeva nel muggito del Chiese.


* * *


Non intendevo di abbandonare il pover’uomo. In quattro salti fui a Garbe con l’intenzione di parlare al sindaco, medico valente e cuor d’oro, e di condurre meco due contadini, i quali facessero la guardia, foss’anche per tutta la notte, al vecchio strano. Trovai il sindaco sotto il portone della sua casa, una casa antica, murata da un suo antenato, gentiluomo francese, fuggito dalla strage di San Bartolomeo.

Il sindaco discorreva con il segretario comunale e con l’oste di Sabbio, due tipi curiosi. Questi con la faccia tonda, grasso, grosso, il pizzo lungo e folto sotto a due gran baffi neri, le sopracciglia spaventose, la voce tonante, un cappello in testa di larghe tese, a cui non manca altro che la piuma per potersi dire spagnuolo; famigliare con tutti, spavaldo, buon diavolo, mette la mano in atto di protezione sulla spalla dell’avvocato, del farmacista, del signor cavaliere, e apre volentieri la larga bocca al riso sguaiato, mentre dice una barzelletta sporca; una specie d’idalgo, che versa maestosa-